mercoledì 10 giugno 2020

STEP#25 - LA BELLEZZA DELLA DEMOCRAZIA

7 Giugno 2020. Splende il sole nella città di Milano: l’estate è ormai alle porte e la pandemia da Covid sembra essere sulla via della scomparsa. La gente ricomincia a popolare le strade; sembra esser tornata la normalità in una Milano resiliente da mesi. Silvia si sveglia entusiasta e piena di gioia, è grata alla vita per esser tornata dalla sua famiglia, nella sua città sana e salva. In casa le finestre sono aperte ed entra uno sfizioso profumo di caffè che stuzzica il palato di Silvia, la quale decide di scendere e andare a fare colazione al bar. È poco affollato, le persone si possono contare sul palmo di una mano. L’attenzione di Silvia ricade su un signore seduto al tavolo posto sulla destra del bancone principale: è uno sulla sessantina, occhiali ben posti sul viso, sguardo fiero e portanza rilevante. Silvia si sente osservata da tale signore e al contempo giudicata: decide quindi di avvicinarsi al lui.
……..
Con un sorriso sulle labbra si rivolge all'uomo: “Buongiorno, le posso offrire un caffè?”. A tale domanda il signore con sguardo pungente e al contempo stupito, risponde: “Ti pare che io mi faccia offrire un caffè da una traditrice convertita come te?”

SILVIA: “Mi scusi, perché pensa questo di me? Le ho, per caso, fatto un torto?”

SIGNORE: “Mica l’hai fatto solo a me, ma a tutta la nazione! Non ti vergogni di stare vestita in questo modo?”

SILVIA: “Mi scusi, ma perché mi dovrei vergognare? Siamo in un Paese democratico e laico, ognuno è libero di seguire la propria religione.”

SIGNORE: “La propria religione, mi fai quasi ridere. L’hai rinnegata la tua religione, hai rinnegato il tuo stesso Paese tornando da lì convertita…quasi quasi sarebbe stato meglio se…”

SILVIA: “Se non mi avessero liberata, vero? Sarebbe stato meglio questo, avrebbe preferito una Silvia prigioniera, dispersa, nelle mani di terroristi piuttosto che viva e credente in una diversa religione.”

SIGNORE: “L’hai detto tu, io avrei preferito una concittadina uguale a prima, senza nessun cambiamento, la Silvia che tutti noi conoscevamo”.

SILVIA: “Le pare che sarei potuta tornare come prima? Neanch'io so più chi sono, come ho detto, devo ritrovare me stessa. Se non lo sapesse, non è stata una bella “esperienza” essere rapita dai peggiori terroristi al mondo; temevo per la mia vita quotidianamente, vivevo con l’ansia pensando che ogni giorno potesse essere l’ultimo. Ma sono stata forte, ho resistito; mi sono aggrappata alla speranza del lieto fine, avevo bisogno di credere in qualcosa che mi potesse aiutare. E alla fine tutto è andato per il meglio ma il dolore è un segno indelebile che mi porto dentro e si ripercuote ogni notte…Solo io che ho provato posso comprendere a fondo il dolore vissuto e vorrei solo un po' di rispetto per questo momento.”

SIGNORE: “Ma in fin dei conti, l’hai voluta tu questa situazione; tu hai deciso di partire per un posto sperduto al mondo a fare l’eroina, cosciente delle conseguenze del caso. E per questo tuo atto imprudente e sconsiderato, ne abbiamo pagato tutti noi italiani. Abbiamo sprecato milioni per te…”

SILVIA: “Quindi ora sono colpevole anche della mia scelta di vita? Io ho deciso di mettere a disposizione le mie conoscenze, a favore dei bambini indifesi, soli, fragili che hanno avuto la sfortuna di nascere nel Terzo mondo; ho deciso di seguire la strada della solidarietà perché questa è la mia indole di vita. Lei parla di voler fare l’eroina ma io non mi sento tale, questo nominativo lo si attribuisca agli eroi veri. Su una cosa però, ha ragione: ero cosciente delle conseguenze a cui andavo incontro, sapevo che in tali luoghi la possibilità di rapimento era alta, ma il desiderio di catturare un sorriso ai bambini kenyoti era più forte di me; cosa le devo dire, ho fatto prevalere l’istinto. Le dirò però che nei mesi di prigionia non c’è stato un giorno che ho rinnegato la decisione presa. Ho pensato che l’accaduto avesse un senso e se non ce l’avessi fatta voleva dire che quello era il mio destino. Mi duole sentire dire che ho rinnegato l’Italia e che voi siete stati la cavia. Tutto questo solo perché sono tornata convertita. Pensi un po' se fosse stata rapita sua figlia, dubito che l’avrebbe giudicata. Dovrebbe mettersi un po' nei panni degli altri.

SIGNORE: “Mah, non saprei. Ma io dico, chi te lo ha fatto fare ad andare lì? Tutta questa “solidarietà” non la capisco proprio.”

SILVIA: “Guardi, penso proprio si nasca con questa indole, non la si impara da un giorno all'altro. Erich Fromm parlava dell’arte di amare; il “dare” non è privazione, bensì acquisto di felicità. Nell'atto di dare si prova la propria forza, potenza e si realizza di esser VIVI. Da quei bambini ho ricevuto più di quanto io abbia dato loro. Dovrebbe provare a fare volontariato, così forse capirebbe”.

SIGNORE: “Si hai ricevuto un bel sequestro!”

SILVIA: “Ancora, lei non cambia proprio idea…ma va bene così: ognuno è libero di pensarla come vuole; in fin dei conti siamo in democrazia e opinioni contrastanti devono convivere tra di loro con rispetto. Le posso, quindi, offrire un caffè?”.

SIGNORE: “Va bene dai, lo accetto quasi-volentieri”.

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