“EUTIFRONE: A un’altra volta, Socrate: ho
furia; l’è ora ch’io vada.
SOCRATE: Che fai, amico? tu vai via e mi
togli la speranza ch’io aveva, dopo imparate da te le cose sante e le empie, di
potermi districare dall’accusa di Melito; mostrando a lui che Eutifrone m’ha
fatto dotto in religione, che io non sono uno sciocco che parlo di mia testa,
ch’io non fabbrico nuovi Iddii, che io da oggi in poi avrei menato vita un po’
meglio.”
"EUTIFRONE",
dialoghi socratici.
Secondo Platone, il timbro che caratterizza
univocamente ciascun uomo è l'anima, definita l'essenza della vita umana. Essa
rappresenta in toto l'uomo e ne definisce le più intrinseche caratteristiche.
Il filosofo si accosta all'idea socratica di anima, considerandola non un
marchio ben definito bensì in continua evoluzione. Proprio per questo motivo,
gli uomini devono vivere di conoscenza, implementare la propria cultura per
arricchire la propria essenza. Il fine dei dialoghi di Socrate era quello di
far scoprire ai suoi concittadini la loro ignoranza, in modo da spingerli a
migliorarsi per raggiungere l’Aretè, l’eccellenza. Infatti egli credeva che
solo alimentando la propria anima, arricchendola di conoscenza, si potesse
capire la differenza tra Bene e Male e raggiungere la felicità. “L’anima è
l’essenza dell’uomo” diceva, ed egli stesso cercava di nutrirla sempre più di
sapienza, tramite il dialogo con gli altri.
Frontespizio "Eutifrone" |
Nessun commento:
Posta un commento