mercoledì 27 maggio 2020

STEP#18 - IL MARCHIO NELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA - KARL MARX

Il filosofo, vissuto nel diciannovesimo secolo, ha dedicato tutto il suo pensiero al monopolio economico-politico del capitalismo, formulando la dottrina risolutoria "marxista" incentrata sul comunismo e la lotta del proletariato. Capisaldi del suo pensiero sono molti scritti filosofici, più importante e rinomato "Il Capitale", pubblicato nel 1867. Marx ha fin da subito notato la schiavitù del lavoratore, costretto a produrre a cottimo beni a lui non appartenenti, simbolo dello sfruttamento dei capitalisti.

"L'economia politica considera come lavoratore soltanto il proletario, cioè colui che, senza capitale e rendita fondiaria, vive puramente del suo lavoro, di un lavoro unilaterale, astratto. Essa può quindi stabilire il principio che il lavoratore deve, come un cavallo, guadagnarsi tanto da poter lavorare. Non lo considera come uomo nel tempo in cui non lavora, ma lascia questa considerazione alla giustizia criminale, ai medici, alla religione, alle tabelle statistiche, alla politica e agli sbirri dell'accattonaggio."
(Manoscritti economico-filosofici)
Il lavoratore è considerato una merce; il salario è il prezzo della schiavitù; il capitale è il risultato dello sfruttamento. Da ciò deriva l'alienazione dell'operaio rispetto al prodotto del suo lavoro, rispetto alla sua attività lavorativa e rispetto alla sua stessa essenza d'uomo. Il prodotto infatti non appartiene all'operaio che l'ha manufatto, bensì al capitalista che l'ha acquistato, privandolo di qualsiasi soggettività. La merce è diventata una "cosa", ideata con l'obiettivo di soddisfare i bisogni della società e il rendimento di capitale. Questo non fa altro che rinforzare il rapporto conflittuale tra capitalista e operaio basato sullo sfruttamento da cui se ne deriva maggiore schiavitù. Il lavoro porta quindi all'alienazione perché, dice Marx, è in funzione del profitto. Da qui la merce, il marchio è anonimo, individuale, prodotto e consumato senza appartenere realmente a nessuno; simbolo di sfruttamento e funzione di capitale, denaro. È anch'esso schiavo del capitalista e della società che necessita di esso. Il filosofo definisce la merce come “forma elementare di ricchezza nella società borghese”; a suo parere i beni di produzione industriale che rimangono nelle mani dei capitalisti non sono merci bensì “prodotti”: acquistano nominativo di merce solo quando si effettua uno “scambio” con altri prodotti. Marx definisce il valor d’uso e il valor di scambio di una merce; il primo dipende dalla qualità del prodotto, il secondo dalla quantità. Lo scambio, che rende il marchio visibile e noto, sussiste dalla quantità: non si può scambiare un prodotto con lo stesso, non avrebbe senso, bensì con una merce differente con l’obiettivo di ottimizzare i prodotti stessi e i valori di scambio. Sta di fatto che due merci sono permutabili solo ponendo tra loro un rapporto quantitativo, che prescinde dalle loro intrinseche qualità; ossia ponendo un rapporto tra i loro valori di scambio. Da tutto ciò deriva che il valore di una merce e quindi il capitale, dipendono dalla quantità di lavoro che c’è dietro e quindi dalla fatica del lavoratoreCosì Marx arriva a contrastare l’alienazione dell’uomo, mostrare la dignità del lavoratore e dare un valore al marchio prodotto. Marx arriva alla conclusione che l'origine del problema è la proprietà privata. Per realizzare la disalienazione dell'uomo bisogna sopprimere la proprietà privata. Ma ciò è possibile solo con l'instaurazione del comunismo e relativa rivoluzione.
Per un quadro più dettagliato sul pensiero marxista si rimanda al link:

Karl Marx, 1875
Il Capitale -1867-Newton Editori



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